Ho sempre creduto che la grafica della vita assomigliasse di più alle montagne russe piuttosto che ad una scala. L’ultimo anno trascorso è stata la riprova di questo mio convincimento. Non siamo nati per fare tanti gradini alla volta ma per vivere gli alti e bassi di una montagna russa con le emozioni che questa comporta.
Se torno indietro non posso che pensare ai momenti che ho tenuto il fiato in bocca. Quando ho perso mio padre a 18 anni, quando ho fallito nella mia prima start up. Ma ho spesso alzato gli occhi al cielo per osservare la cima della montagna russa. Quando mi sono laureato e ho concluso il mio master. Quando ho vinto i miei premi professionali. Quando ho visto la mia futura moglie sull’altare.
La pandemia è stata un’altra cosa. Una nuova montagna russa. Mai vista prima. La discesa è stata lenta ma costante e per il momento non c’è ancora il segnale di una vera risalita. E in questa discesa anomala ho potuto pensare molto e vivere diversamente. Così, come per i nostri ragazzi che si sono abituati, anche con qualche vantaggio, alla DAD così io mi sono abituato alla VAD, alla vita a distanza. Non è solo smart working quello che intendo. Per un professionista maturo come me il lavoro rappresenta anche una parte di dialogo, relazione, intimità con il cliente. Il cliente ha problemi da risolvere ma anche sogni da realizzare.
Cosa ho imparato dalla VAD? Che la tecnologia è essenziale, che la digitalizzazione è la nuova forma di alfabetizzazione del XXI secolo, che i giovani sono i padroni di questo mondo ma che noi ‘maturi’ ci possiamo navigare tranquillamente senza sforzo. Però, c’è un però. La pandemia ha creato il ‘distanziamento sociale’ e questa frase è il più grande rischio che possiamo correre, dopo la morte. ‘Si muore anche ‘socialmente’. Il distanziamento è il primo sintomo. In questo caso il ‘mal comune è possibile mezzo gaudio’ ma sarà importante rialzare presto la testa anche se la discesa non si è ancora conclusa.
Tirare i muscoli verso l’alto anche se il vento ce lo impedirebbe. Tornare a rivedere i volti e i sogni delle persone perché, tra le cose belle della mia professione, quest’ultime ti ricordano perché li hai rispettati e alimentati i loro sogni. L’uomo è fatto d’acqua e d’anima. Elementi liquidi. Tutto il resto è contenitore. La pandemia mi ha insegnato questo. Cercare già delle risposte per il momento che rialzerò la testa al cielo per affrontare la prossima salita.
Nicola Di Lernia